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31 Maggio 2023

 Je chasse la lumière – Intervista al fotografo Manuel Cohen

Scala è lieta di rappresentare con distribuzione mondiale l’archivio di Manuel Cohen, professionista francese nell’ambito della fotografia di monumenti e beni culturali. In questa intervista esclusiva, il fotografo ci accompagna...

Scala è lieta di rappresentare con distribuzione mondiale l’archivio di Manuel Cohen, professionista francese nell’ambito della fotografia di monumenti e beni culturali. In questa intervista esclusiva, il fotografo ci accompagna nella scoperta di un mestiere, talvolta messo in discussione dalle nuove tecnologie ma profondamente diverso nella tecnica e negli strumenti, e di un archivio costruito con cura realizzando reportage fotografici unici, in giro per il mondo. 

Perché la fotografia come professione?

Mio padre Robert Cohen, fotografo e fondatore dell’agenzia AGIP, mi ha insegnato le basi della fotografia fin da bambino. Da allora non ho mai smesso di imparare. Nella fotografia si può sempre evolvere e alla fine non si smette mai di progredire! Inoltre, sono sempre stato appassionato di viaggi e affascinato dalla storia e dalle civiltà di tutte le epoche.

La passione per la scoperta, combinata con la fotografia, mi permette di scoprire ed esplorare e di creare a partire da ciò che vedo per trasmetterlo e mostrarlo. Mi piace interpretare la realtà con totale libertà di scelta su angolazione, luce, inquadratura, scena e ambientazione. È così che creo un’immagine. Questo spazio infinito tra la realtà e la sua interpretazione è un’arte complessa, una sfida permanente.

Che valore ha il suo archivio? Cosa distingue le fotografie realizzate con lo smartphone da quelle professionali? 

La macchina fotografica professionale è uno strumento che combina molti elementi e offre un livello di prestazioni molto elevato. È un occhio con infinite possibilità di combinazione, che viene regolato per creare un’immagine. Le immagini scattate con la macchina fotografica possono essere fedeli alla realtà (anche se è una fotografia professionale esprime comunque sempre una forma di interpretazione) o possono rappresentare un’astrazione, che rivela l’essenza di una realtà interpretata (cioè una fotografia artistica).

Per i reportage di opere d’arte, utilizzo una combinazione di luci e flash per illuminare l’oggetto, eliminare i riflessi e accentuare il rilievo, un po’ come per l’illuminazione di una scena cinematografica. Lavoro con le migliori fotocamere digitali di medio formato. Niente di tutto questo è paragonabile allo smartphone.

Vedo lo smartphone come una “scatola di registrazione”, un’istantanea, dove la macchina fa quasi tutto il lavoro di regolazione e quindi c’è molto meno spazio per la creazione dell’immagine. Lo smartphone è caratterizzato da una serie di filtri digitali e da impostazioni relativamente rapide. Per non parlare della qualità: non si può una fotocamera professionale di medio formato con uno smartphone, anche se si tratta del miglior smartphone del mondo. È quindi difficile fare progressi con uno smartphone. Non si può paragonare una foto scattata con una fotocamera professionale con una foto scattata con uno smartphone. Sono strumenti diversi e, credo, che gli utilizzi siano fondamentalmente diversi.

Il mio archivio è composto da 50.000 fotografie ben editate e (relativamente) uniche. Ci sono molte immagini di siti archeologici, architettura, beni culturali, opere d’arte e anche ritratti. Cerco sempre di creare immagini nuove, anche se il sito o il monumento è stato fotografato in precedenza milioni di volte.

Prima di realizzare il reportage, studio i siti con precisione, per poi scattare quando la luce naturale li mette maggiormente in evidenza. È un lavoro di osservazione che può richiedere diversi giorni, ma che mi permette di catturare un momento unico che può durare solo pochi secondi. Vado a caccia di luce.

Grazie al mio lavoro, posso sfruttare il privilegio di avere accesso a luoghi che non sono (o lo sono poco) accessibili al pubblico. Nel complesso, credo di aver raccolto una collezione di foto relativamente uniche, che si distinguono dai milioni di contenuti e fotografie reperibili nel web. Spesso mi viene detto che le persone riconoscono le mie fotografie, penso sia dovuto al modo in cui le realizzo e per la loro qualità. Intendo dire che ogni fotografo ha una sua firma, che è il risultato di un’impostazione (dalla scelta dell’angolazione e della luce all’impostazione della fotocamera) necessaria per ottenere l’immagine interpretata dalla mente.

Un archivio è come una piramide: si costruisce prima la base per poi cercare di raggiungere la cima. Io sono sicuramente verso la metà di questa piramide e probabilmente ci vorrà più di una vita per raggiungere la cima. L’importante è continuare a costruire, e cercare sempre di spingere più in là i limiti.

Scegli una o più immagini, tra quelle distribuite tramite Scala, che rappresentino il tuo lavoro. Vuoi raccontarci qualcosa di ciascuna fotografia?

La foto deve trasmettere un’emozione, deve parlare da sola…

Guarda qui una selezione di reportage e scatti fotografici di Manuel Cohen in gestione tramite Scala. Contattaci per informazioni sulle licenze e per eventuali ricerche mirate.

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In copertina: Mausoleo Ak-Sarai, foto di Manuel Cohen

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